Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è una persona fisica, individuata dagli organi di governo delle amministrazioni pubbliche e dai soggetti tenuti alle norme in materia di prevenzione della corruzione, titolare di compiti stabiliti dalla legge e dalle indicazioni programmatiche dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC),a cui viene affidato il compito di gestire, coordinare e vigilare sulle “misure” di prevenzione del rischio corruttivo, con capacità proprie di intervento, anche sanzionatorio, allo scopo di garantire un modello di tutela anticipata in grado di ridurre i fenomeni di cattiva amministrazione, non necessariamente rilevanti sotto il profilo penale.

Il concetto di corruzione che il legislatore ha voluto veicolare trascende il mero ambito penale, per attestarsi invece in tutte le situazioni e condotte amministrative che esulano dal perseguimento dell’interesse generale, e che giungono all’abuso del potere (rectius conflitto di interessi) al fine di ottenere vantaggi personali: un uso dunque a fini privati delle funzioni pubbliche che si riversa sull’inquinamento dell’azione amministrativa, sia che tale azione abbia successo e sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.

L’accordo (pactum sceleris) o la remunerazione, sottoforma di denaro o di altra forma, di un determinato fatto o atto, o più semplicemente il tentativo di assoggettare l’interesse generale a quello particolare, comporta inevitabilmente la “corruzione” del sistema legale delle competenze a beneficio di una parte, con riflessi diretti sull’immagine e la credibilità della pubblica amministrazione (P.A.), generando sfiducia verso le istituzioni e la tenuta dell’Ordinamento.

In effetti, ciò che interessa alla norma, e più in generale alla disciplina dell’“anticorruzione”, non è perseguire il reato in e se per se, quanto incidere nella fase antecedente, mediante l’instaurazione di alcuni strumenti capaci di stimolare il senso etico nell’agire pubblico: un’amministrazione onesta, rispettosa dei principi di uguaglianza e di neutralità (ex artt. 3 e 97 Cost), al servizio esclusivo della Nazione (ex art. 98 Cost.), definendo un concetto giuridico determinato di “imparzialità”, senza incertezze.

Il RPCT, in questo schema, è considerato il perno delle politiche di prevenzione della corruzione, proprio nella fase antecedente all’evento criminoso; un soggetto che ha il compito di sensibilizzare l’amministrazione di riferimento sulle ripercussioni che un siffatto modus procedendi potrebbe causare, innestando azioni formative e informative al tempo stesso.

Tale figura istituzionale viene, per la prima volta, delineata dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, creando un riferimento interno ad ogni amministrazione responsabile dell’attuazione delle politiche di gestione del rischio corruttivo, interfaccia per le diverse attività organizzative sia degli organi elettivi che del personale, nonché riferimento diretto dell’ANAC per i presidi di legalità e degli organismi interni di valutazione (OIV) per il collegamento con le cd. performance.

La legge del 2012, avente come perno principale l’elevazione del concetto di trasparenza a strumento cardine per la prevenzione della corruzione, è stata poi novellata a più riprese, a dimostrazione dell’importanza che il legislatore ripone nella risoluzione, o più verosimilmente, nella diminuzione di mala amministrazione.

E’ d’uopo sottolineare come questa moltiplicazione di strumenti normativi è stata accompagnata da un costante, benché ancora non sufficiente, miglioramento della posizione dell’Italia nella classifica stilata da “Trasparency International”, come è ben visibile dal grafico sottostante.

 

(fonte: Transparency International)

 

Molto rimane ancora da fare su questa materia, non soltanto per le implicazioni etiche che una simile fattispecie determina, ma anche per ragioni di tipo economico.

Per approfondire, apprendere e cogliere al meglio la materia oggetto di questo articolo, scopri il Master universitario di II livello in “Processi decisionali, lobbying e disciplina anticorruzione in Italia e in Europa”.